Graziano Rinaldi

Libertà e dovere.

Terza lezione di Marco Ferrini seminario Villa Vrindavana 01 agosto (pomeriggio) 2010

Molte domande/risposte interessanti che si intrecciano con questa breve terza lezione a proposito della reale motivazione che scoraggia Arjuna da compiere il proprio dovere.

Il fatto che Arjuna si preoccupi soprattutto del varna sankara, della confusione dei “colori”, delle caste, provocato dalla scomparsa dell’elemento maschile a causa della devastante guerra che si prepara, ha provocato domande che hanno a che vedere sia con la presunta rigidità del sistema sociale che con quello del maschilismo nelle società tradizionali.

E’ difficile accettare in una società secolarizzata come la nostra l’idea che la nascita non sia un elemento casuale determinato dal combinarsi di un dna maschile con uno femminile, bensì l’esatta conseguenza di un processo evolutivo alla cui base sta la volontà di agire in un senso piuttosto che in un altro. Alla luce del Karma le interpretazioni biologiche cedono il passo ad un ordine universale che tutto comprende e tutto spiega, nel quale troviamo la pura natura e la pura volontà come irresistibili forze al servizio di un’entità che appartiene ad una dimensione tanto reale quanto, paradossalmente, irraggiungibile dalla ragione.

Viene spiegato che la preoccupazione di mantenere una società ordinata secondo una gerarchia socio-spirituale deve essere la principale preoccupazione dei leader,Leggi tutto »Libertà e dovere.

La battaglia di Arjuna è la metafora dell’esistenza umana.

Seconda lezione del seminario agosto 2010

I due terzi di questa lezione sono stati dedicati alla descrizione degli antefatti che portano al dialogo tra Krishna ed Arjuna sul campo di battaglia di Kurukshetra. E’ interessante che la premessa sia stata una precisazione sul metodo di “narrare” l’epica mahabharatiana. In questa narrazione Marco Ferrini si è calato nel ruolo di successore di una linea di maestri che si riconoscono all’interno di una sampradaya (scuola di pensiero) e parlando come Matsya Avatara, discepolo iniziato da S.Prabhupada, ci dice che all’interno della tradizione, di qualsiasi tradizione, sarebbe bizzarro fino all’eterodossia “scoprire” qualcosa di nuovo nelle scritture; a differenza della scienza, dove si dà valore alla scoperta, nella tradizione l’innovazione vale si ma nel linguaggio che consente di trasmettere lo stesso messaggio in contesti e tempi diversi. Non è una questione di rigidità, è che la tradizione conserva il precipitato della conoscenza accumulata durante innumerevoli generazioni, il suo compito consiste nel tramandare una verità rivelata, non umana (apaurusheya), che non è soggetta alle dimensioni di tempo e spazio, anche se deve farlo in luoghi e tempi ben determinati. Data questa premessa è stato molto coinvolgente ascoltare per più di un’ora e mezzo le vicende dinastiche dei vari imperatori e semidei che si sono succeduti fino ai cinque fratelli Pandava.

A proposito dei personaggi passati in rassegna da Marco Ferrini nel breve accenno alle complesse vicende del Mahabharata, viene da riflettere sulla natura duale dei principali interpreti di questo grandioso affresco della classicità indiana: Leggi tutto »La battaglia di Arjuna è la metafora dell’esistenza umana.

La Bhagavad Gita può cambiare il modo di pensare e ricollocarci nell’universo.



Prima Lezione del secondo seminario di Marco Ferrini sulla Bhagavad Gita Cap. I-IV. Luglio 2010

In questa breve presentazione al secondo seminario sulla Bhagavad Gita, Marco Ferrini focalizza l’attenzione sui possibili livelli di lettura dell’opera, inserendola nel contesto letterario, storico e simbolico al quale appartiene. Si tratta di 700 strofe (shloka) all’interno del sesto libro del Mahabharata, il quale tratta del dharma, incarnato in prima persona dall’imperatore Yudishtira, figlio “naturale” di una donna e del dharma stesso. E’ la saga più grandiosa dell’umanità che sia mai stata scritta dove il bene e il male si scontrano in una battaglia alla quale partecipa l’universo intero e Dio stesso nella figura di Krishna, cugino di Arjuna, l’eroe mahabharatiano protagonista di primo piano. In questo scontro che provoca onde oltre l’umano ed il percettibile, trovano una mirabile sintesi le gioie e i dolori con tutti i dualismi che affliggono l’umanità e un teismo non dogmatico, amichevole, il quale mai occupa né restringe, ma anzi esalta, il libero arbitrio. E’ il tentativo di dare una spiegazione a ciò che di grandioso e di terribile c’è nell’universo a partire dal microcosmo interiore attraverso la legge che penetra e sostiene ogni particella del creato. Ma per questo c’è bisogno di una predisposizione alla lettura che non è quella abitualmente sperimentata in occidente; oltre il livello storico-letterario, pure bellissimo,Leggi tutto »La Bhagavad Gita può cambiare il modo di pensare e ricollocarci nell’universo.

08. Infine la vera libertà.

(Ottava ed ultima lezione introduttiva alla Bhagavad Gita di Marco Ferrini ) 

Poteva essere l’introduzione del seminario, ma sarebbe stato difficile entrare nel sentimento che guida queste parole. Nei testi della tradizione c’è la tendenza ad esporre all’inizio l’obiettivo del trattato per poi svilupparlo nei pada successivi, emblematici a questo proposito gli Yoga sutra di Patanjali.  Il Maestro ha qui scelto una via di mezzo, ha prima definito la cornice concettuale e socio storica della Bg ed infine ha dato conto della sua utilità dal punto di vista della realizzazione spirituale.  Possiamo vederla anche come una dichiarazione di onestà intellettuale, un avviso ai naviganti in “piccioletta barca” che gli strumenti offerti dalla BG, i quali saranno esaminati dal prossimo seminario in avanti, possono essere utili per riarmonizzare la propria esistenza, per sopportare meglio le avversità della vita, per migliorare le relazione e persino per diventare delle persone meravigliosamente buone e belle. Ma per questo forse potevamo anche non scomodare una tradizione di così alto lignaggio,Leggi tutto »08. Infine la vera libertà.

07. Libertà, convinzioni profonde e sacrificio.

Riprendo la pubblicazione degli appunti dal primo seminario sulla Bhagavadgita tenuto da Matsyavatara nell’aprile 2010 con la settima lezione sulla centralità ed evoluzione del concetto di “sacrificio” dai Vada alla Bhagavadgita.
In questa settima lezione Marco Ferrini affronta un argomento spinoso. Fino a qui ci è stato detto che la peculiarità della situazione umana rispetto agli altri esseri, è quel libero arbitrio che permette all’uomo la scelta tra una scala di note dall’asura al deva. Ora invece ci viene spiegato che in realtà l’uomo non è poi così libero, poiché, in quanto incarnato, subisce i più disparati condizionamenti e le sue scelte, solo apparentemente libere, sono da questi ispirate. Vi sono forze della natura, i guna e forze socio-storiche nella società che Leggi tutto »07. Libertà, convinzioni profonde e sacrificio.

La libertà di servire

(Sesta ed ultima lezione di Marco Ferrini al seminario inverno 2010 isola d’Elba)

Il commento di Matsyavatara degli ultimi venti shloka dell’ottavo capitolo, ha messo in luce alcuni snodi fondamentali della Bhagavadgita, un alto concentrato di senso per il quale rimando all’ascolto della lezione e agli appunti che seguono. Propongo alcuni spunti di riflessione sul rapporto tra “paramam gatim”, il fine supremo, e la rivoluzione interiore che è necessaria all’uomo contemporaneo per poter comprendere un diverso senso di libertà, temi sviluppati da Marco Ferrini in questa breve lezione. Se provassimo a chiederci qual’è il nostro scopo supremo cosa sinceramente risponderemmo?Leggi tutto »La libertà di servire

Senza mai deviare.

(Quinta lezione di Marco Ferrini al seminario invernale Isola d’Elba 2010)

Nella vita degli umani accadono fatti che possono predisporre o addirittura costringere a cambiamenti di prospettiva esistenziale.

Ma cos’è che permette di trasformare una convinzione profonda, uno stile di vita?

Negli shloka 8,9 e 10 del cap. VIII esaminati in questa lezione da Matsyavatara (nome iniziatico di Marco Ferrini) possiamo trovare una risposta plausibile e scientificamente verificabile: “abhyasa”, la capacità di rimanere “costantemente” nella disciplina (sadana). E’ la costanza nella disciplina, si dice, che mantiene la mente fissa sull’obiettivo, è la pratica assidua e costante che permette di “cambiare” acquisendo fede in ciò che prima era solo un’ipotesi di lavoro. Ho detto verificabile empiricamente perché ad un osservatore attento non sfuggirà che Leggi tutto »Senza mai deviare.

Il saggio può comprendere lo stolto, non il contrario.

(Quarta lezione di Marco Ferrini al seminario 2010 Isola d’Elba)

“E quale che sia l’essenza divina, pensando alla quale
un uomo abbandona il suo corpo alla fine,
proprio quella egli consegue, o Arjuna,
poiché sempre è stato assorto in quel pensiero.” C’è un passo nel Purgatorio, in cui Dante parla di un guerriero che all’atto di morire, colpito in battaglia, si raccoglie e si pente all’ultimo momento, garantendosi così dal non finire all’inferno.
Come può un abbandono così tardivo impedire la dannazione eterna?
Nell’opera dantesca potremmo riferirci alla grazia ed alla grandezza della misericordia divina, ma c’è qualcosa di più.
Intanto la “conversione” non ha a che vedere col tempo e con lo spazio proprio perché appartiene alla dimensione dello spirito. Ma un’altra considerazione mi spinge a pensare che la grazia non sia un’incomprensibile concessione.

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Il confine tra terra e cielo è sottile come l’ala di una mosca.

(Terza lezione di Marco Ferrini seminario Isola d’Elba inverno 2010)  

Marco Ferrini in questa terza lezione termina l’esposizione degli ultimi dieci shloka del settimo capitolo della Bhagavadgita. Ecco alcuni tra i numerosi spunti offerti dal Maestro. Il primo riguarda il colorito panteon vedico apparentemente politeista ma sostanzialmente basato su un monoteismo monolitico, tanto assoluto che il minimo scivolamento verso l’adorazione di altre divinità che non siano “Vasudeva” (Krishna), pure legittimamente previste nella pratica religiosa dei pii hindu, è considerato una “sottrazione di sapienza”, un declinare la propria fede in senso materialista. Il più alto grado di spiritualità è considerato

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