Il Terrorismo degli Zombie

dissonanza cognitiva

Pensavamo di costruire la migliore delle società possibili, invece viviamo in un mondo crepuscolare, minaccioso, perennemente in transito da una crisi all’altra.
Deve essere stato commesso un errore nell’impostazione iniziale e se non capiamo dove abbiamo sbagliato, sarà impossibile porre un freno al declino che stiamo vivendo.
Non me la prenderò coi leader politici o con le grandi corporations internazionali che manipolano i governi e le nazioni. Chi ha voglia di informarsi troverà ampia letteratura in merito.
Prendendo spunto dal recente seminario col maestro Marco Ferrini, tenterò invece una rapida ricognizione sul campo della coscienza umana ai tempi del terrore mediatico.
Se concordiamo che l’obbiettivo di ogni essere (umani e non) è la felicità, dovremmo anche essere d’accordo sul fatto che vivere nella paura è non-felicità. Non è forse vero che la vita della gran parte degli umani sia condizionata da paure reali e/o immaginarie?
Ovunque l’uomo abbia ragionato sulla felicità e sullo scopo della sua presenza su questo pianeta, ha tratto la conclusione che fosse più saggio concentrarsi sulle relazioni che sulle “cose”: relazioni con gli altri esseri umani e non umani, con l’ambiente naturale, col cosmo, con Dio, con se stesso. Infatti secondo i testi sapienziali di tutte le grandi tradizioni, la ricchezza di una civiltà si misura nel dialogo, mai troverete che dipende dai punti percentuali di un qualsiasi Prodotto Interno Lordo.
Siamo tutti d’accordo che nella miseria non c’è felicità, ma su quali fondamenta abbiamo fondato l’idea di “ricchezza”? Nel nostro mondo fortemente tecnologizzato, sembra che la ricchezza cui aspira la maggioranza delle persone consista nel godersela il più possibile, “perché la vita è una sola”.
In questa visione, tutta schiacciata sul corpo e sugli oggetti, cosa ci possiamo godere se non il nostro e l’altrui corpo insieme alle “cose” che l’industria ci fornisce a getto continuo? Il fatto è che rivolgendo le nostre aspettative di felicità tutte all’esterno (anche il nostro corpo è “all’esterno”), ci concentriamo inevitabilmente su ciò che è destinato a degradarsi e morire. Costruendo una società su queste basi che altro potrà essere se non una società necrofila? In questa cornice di morte, dove potremo trovare autentica felicità e soddisfacenti relazioni? Con queste premesse,non  appare strano che gli esseri umani siano sempre in lotta tra loro, che usino le risorse naturali senza riguardo e che abbiano perso il senso della bellezza e dell’amore che regola l’universo.
Sarebbe strano il contrario.
C’è però qualcosa che accompagna da sempre l’uomo nel suo pellegrinaggio sulla terra, ed è quel senso di insufficienza che gli fa alzare lo sguardo oltre il proprio ego per sentirsi appagato nell’adesione a dei princìpi ai quali dedicare la vita e per i quali morire.
C’è però un problema.
Come si formano questi princìpi che motivano l’uomo al di là del piacere e del dolore? Da dove provengono queste ferree credenze? Sono veri o falsi i valori che fioriscono su tali credenze?
La radice del problema sta nella differenza tra percezione e realtà.
L’uomo è un essere particolare che, a differenza degli altri animali, non ha un forte istinto che lo guida, deve affidarsi al logos, alla ragione, alla parola, al dialogo e in definitiva alla sua libertà di scegliere. L’uomo non è mai solitario, nasce in una famiglia e vive in società più o meno evolute, mai da solo, neanche gli eremiti riescono ad isolarsi completamente! Nel suo essere “animale sociale”, spesso l’uomo percepisce come realtà, ciò che realtà non è, bensì una sua rappresentazione, alterata dalle più varie circostanze, tra tutte quella più manipolativa è senz’altro il mantenimento del potere da parte di chi lo detiene.
Inutile fingersi ingenui, la distorsione delle percezioni e l’autoinganno sono all’opera fin dal primo giorno di vita. Visto che non è nella nostra natura rintanarci come animali, nè possiamo vivere felicemente in un mondo impregnato di morte, come possiamo recuperare la realtà per rimanerci con forte consapevolezza? Come possiamo sottrarci all’ignavia citata in Matteo 15, 14: “Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!” ?
Con lo yoga.
Yoga è equilibrio e consapevolezza, presenza e mistica, introspezione e autocritica, ricerca della concentrazione e autonomia. Soprattutto però è conoscenza e pratica assieme. E’ contemplazione e azione, ovvero partecipare al mondo coi piedi piantati in terra e lo sguardo rivolto al cielo, è procedere in “virtù e conoscenza”.
Nell’oggi, usiamoli, ma non lasciamoci rinchiudere come buoi nei recinti dei social e di un’informazione sempre più vicina alla propaganda. Chi sta terrorizzando miliardi di persone, vuole il controllo totale e totalitario dei corpi e delle menti attraverso l’intelligenza artificiale, solo la paura permanente può permetterglielo.
Capiamo una cosa:
questi “manipolatori”, grandi e piccoli, mandanti ed esecutori, vivono immersi nell’angoscia di morire, di non potersi più “godere” le cose e le persone, ricorrono per questo ad ogni espediente per mantenersi in vita, vorrebbero l’eternità del corpo o almeno della mente, sperano nella tecnologia, i poveretti non sanno che sono già morti.
Non facciamoci spaventare da questi traballanti zombie: siamo liberi di non soggiacere… e di essere felici.
Graziano Rinaldi

2 commenti su “Il Terrorismo degli Zombie”

  1. GIAN ANTONIO FABRIS

    Una lettura molto profonda e totalmente condivisibile, grazie Graziano, offri delle visioni profonde ed elevanti, su cui meditare.

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