Ho denunciato il mio Governo

Questo blog si occupa di temi legati alla spiritualità, può sembrare strano che si parli di “politica”.
Ebbene, si sbaglierebbe chi pensa che la politica, come anche l’ecologia, l’economia o la biologia e la psicologia, siano attività che non hanno a che vedere con lo spirito. Sarebbe una visione distorta e riduttiva della pratica spirituale, la quale si nutre e si realizza in questo mondo, del quale, seppure non ci appartenga, dobbiamo prenderci cura.
L’attuale momento storico è gravido di tutte le peggiori crisi che la più fantasiosa delle menti umane possa immaginare. Proprio per questo è anche possibile, in qualità di umani, porre un argine alla follia imperante. Per farlo senza cadere di nuovo nelle trappole del passato, è necessario mettere in atto dentro di noi quei cambiamenti che vorremmo vedere realizzati nel mondo. In questa sincronia tra micro e macro, sacro e profano, la prima e più indispensabile pratica, è quella di uscire dall’antro platonico, dove gli umani scambiano le ombre per la realtà, e pian piano abituarsi alla luce.
Ecco perché ho denunciato il mio Governo considerandola un’azione che ha a che vedere con lo spirito.

                Sono nato negli anni del boom economico italiano, in una famiglia di operai, educato più con l’amore che con veri e propri insegnamenti; nella loro semplicità i miei genitori mi hanno trasmesso delle abitudini mentali che possono creare problemi o risolverli.
Una di queste è il rispetto del ruolo sociale.
Secondo questo habitus mentale, ogni persona deve essere rispettata nella misura in cui compie bene il proprio dovere, più la persona si trova in alto, più aumenta il prestigio e la responsabilità. Concetto semplice, da bambino appunto, perché poi scopri che anche il tuo maestro delle elementari non era così ligio ai suoi doveri educativi (non fu il mio caso), ma soprattutto, più diventi consapevole del mondo e più scopri che non è così facile definire il perimetro preciso del proprio e dell’altrui status sociale.
Nonostante ciò, per anni ho coltivato l’idea sbagliata che chiunque ricoprisse un ruolo pubblico, specialmente se indossava una divisa o una toga, dovesse essere ascoltato e rispettato come appartenesse a una sacra casta sacerdotale.
All’illusione segue la delusione e l’elaborazione del lutto.
Pretendere la coerenza dagli esseri umani è più difficile che camminare sulle mani, ma la decenza morale che impone di esigere dalle più alte cariche istituzionali il rispetto dei più elementari principi del patto sociale, sul quale chi guida una nazione ha giurato, questo, a mio avviso, è dovere imprescindibile di ogni uomo e donna che si senta radicato in una patria e voglia iniziare un percorso spirituale.
A molti non piacerà il sostantivo femminile “patria”, li capisco: è stato usato per giustificare le idee e le azioni più turpi e sanguinarie, oppure viene tirato fuori durante polverose celebrazion, dove trionfa l’ipocrisia e il nulla cosmico, per poi essere riposto nel buio del suo abituale sepolcro. Eppure l’idea di una terra sulla quale un popolo condivide una lingua, delle istituzioni e una molteplicità di valori e consuetudini  che provengono dalla profondità tellurica e quasi sempre non pacifica, della sua storia comune, è l’indispensabile premessa di ogni identità individuale e collettiva.
Non c’entra col tema che sto affrontando, ma per prevenire inutili polemiche, dico che non sto discutendo di politiche identitarie che affermano la superiorità di una cultura o etnia rispetto ad un’altra, le quali, dopo aver distrutto economicamente, socialmente e militarmente altri popoli, pretendono di difendere “la patria” innalzando muri, questo si chiama razzismo e disumanità.
Nel presente, io credo che dovremmo recuperare le idee di sacro e di patria, s’intende ben ripulite dal clericalismo e dal patriottismo guerrafondaio, proprio per proteggerci da coloro che ipocritamente usano ancora oggi queste parole, ma il loro obbiettivo è quello di annullare ogni diversità, in nome di un cosmopolitismo che dovremmo chiamare col suo vero nome: omologazione all’attuale visione economicistica e dissacrata del mondo, della natura e dello stesso essere umano.
Questa ristretta élite di ricchissimi psico e sociopatici e dei loro innumerevoli camerieri in livrea, vede nella democrazia e nell’autodeterminazione dei popoli, un ostacolo insormontabile alla loro luciferina smania di potere e di accumulo.
Detto questo a mò di premessa, forse è più chiaro perché ieri, insieme a tanti amici,  ho consegnato in questura una denuncia contro il Governo del mio paese.
L’ho fatto a malincuore, sapendo che è l’extrema ratio in una situazione intollerabile di ricatti e prevaricazioni dello stato di diritto. L’ho fatto perché amo la Costituzione Italiana, per la quale i miei vecchi hanno dato la vita. L’ho fatto perché mi è insopportabile la puzza di ipocrisia e di menzogne, coltivate apposta per terrorizzare, umiliare e dividere un popolo di grande tradizione e di possente cultura classica che spero possa risvegliarsi dall’ipnosi di massa in cui è piombato.
E’ già successo più volte, ce la possiamo fare anche in questa occasione, lo dobbiamo al passato, ma soprattutto a quei bambini e ragazzi che hanno perduto l’innocenza troppo presto: proprio per loro questi folli stanno approntando un mondo autoritario e sterilizzato di ciò che più conta nella vita umana.
Sono felice di possedere la ricevuta della mia denuncia, la conserverò per i miei nipoti, perché adesso siamo in tempo e dobbiamo fare un piccolo sacrificio, compreso quello di esporsi e passare per matti dai benpensanti; da qualche altra parte del mondo non avremmo potuto farlo: la tessera sociale si sarebbe interamente  scaricata e avremmo perso ogni diritto e qualsiasi libertà: è questo che stiamo combattendo, non i medicinali più o meno sperimentali. Fino a quando ci saranno spazi democratici di azione pacifica, è dovere di ogni cittadino che ama la sua terra occuparli. Al momento l’unica conseguenza è un’improbabile contro azione penale da parte del Governo che ci permetterebbe di motivare davanti alla magistratura ciò che abbiamo esposto in venti pagine di denuncia: Parigi val bene una messa!  
Graziano Rinaldi
P.s. Grazie all’avvocato Luisa Brandi di Portoferraio che ci ha assistito legalmente e agli amici e amiche che hanno condiviso e condivideranno questo atto di libertà.
Soprattutto grazie al mio maestro Marco Ferrini (Matsyavatara das) che mi ha fornito l’ispirazione necessaria per mettermi in cammino con la pace nel cuore.

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