Non c’è più Religione?

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A chi pensa che il nostro tempo sia più gravido di conflitti e divisioni rispetto al passato, mi sento di rispondere che no, purtroppo la storia (quella che conosciamo) è tutta intrisa di conflitti e di sangue.
Oggi però vi sono due fattori che insieme possono innescare un’ecatombe, essi fanno la differenza tra passato e presente: lo sviluppo esponenziale della tecnologia e della popolazione.
Anche se la tecnologia ci viene propagandata come soluzione ad ogni problema, compreso quello della popolazione, la verità è che lo straordinario aumento quantitativo di entrambe ha creato un mondo “qualitativamente” diverso rispetto a quello che le ha generate.
Sappiamo che quando un fenomeno si espande nella quantità, ci sarà un punto di passaggio  a qualcosa di diverso;

l’esempio che faceva F. Engels erano i 100° centigradi che trasformano l’acqua in vapore.
Una popolazione mondiale che si avvicina agli otto miliardi di persone e una curva dell’innovazione tecnologica quasi verticale rispetto al tempo, ci dicono che il pianeta è già in zona rossa da almeno mezzo secolo, da quando non è più in grado di ricostituire il suo patrimonio netto a causa del “consumo” umano.
Nella presente situazione di un accentramento, mai visto fin’ora, della ricchezza economica nelle mani di una élite cosmopolita, con la parallela nascita di una smisurata massa di poveri, la tecnologia (intesa come innovazione tecnologica) e la tecnica (intesa come forma mentis, per intenderci quella dei “protocolli”) è chiaro che daranno soluzioni nella direzione di una disumanizzazione totalitaria sempre più accelerata della società. Ciò è implicito nel loro divenire, disgraziatamente e chiaramente palese nelle modalità in cui è stata affrontata l’ultima epidemia globale.
Gli esempi si sprecano, ma vorrei concentrarmi sulla soluzione, piuttosto che sull’analisi.
In un periodo relativamente recente, meno di mezzo millennio, si è impetuosamente affermata una conoscenza dei sistemi complessi in chiave analitica, ovvero scomponendo il fenomeno nelle sue diverse parti componenti. Per chiudere in due righe una questione enciclopedica, si può affermare che se questo metodo, nato in occidente e trionfalmente affermatosi in tutto il globo, ha ottenuto grandiosi successi in molti campi, oggi ha raggiunto il suo culmine. Ma come sappiamo dall’evidenza, al punto massimo segue inevitabilmente la caduta, spesso altrettanto rapida (curva di Gauss).
La conseguenza di aver fatto “a pezzi” la complessità del mondo, ha dato all’uomo (bianco occidentale) l’impressione di poter dominare i suoi simili (considerati non tanto “simili”) e controllare la natura, scomposta in innumerevoli parti e ridotta allo status di macchina. Ecco perché si dice che la modernità (convenzionalmente dal 1492) sia dominata dal colonialismo (attualmente sarebbe più esatto dire imperialismo), dal riduzionismo e dal meccanicismo.
Se questo è vero, ed è vero, e se la tecnologia potrà aiutarci tanto quanto un ombrello durante un nubifragio, ma non impedirà certamente l’allagamento della casa, cosa possiamo concretamente fare, esiste un piano B?
Pur non avendone la certezza e contro ogni evidenza fattuale, penso di si.
Questo dovremmo fare: guardare al passato con occhi nuovi, recuperare una visione integrata di noi stessi e del mondo. Insomma bisogna fare una rivoluzione. Ovvero tornare al punto di partenza con l’esperienza e le conoscenze che abbiamo sperimentato sul sentiero del ritorno.
Cos’è che “rilega” il mondo contemporaneo, qual è la parola magica alla quale ogni umano s’inchina ossequioso?
Scienza. Questa è la parola.
Il metodo scientifico ci ha consegnato conoscenze meravigliose, insieme a un approccio che personalmente adoro, basato non su dogmi, bensì sul dubbio e sull’esperienza sensoriale, pertanto democratico e alla portata di chiunque lo desideri. Il disastro era però già in nuce, in quel non tanto latente desiderio di controllo totalizzante, la pretesa di spiegare e gestire tutti gli ambiti della realtà, come se volessi volare con la mia Fiat Panda. Non può funzionare.
Così, per risolvere i guai provocati negli ultimi secoli da questa mentalità, è necessario rigenerare ciò che ha fatto funzionare le società fin dai tempi più remoti dell’umanità, ovviamente dopo aver ben depurato dalle scorie tossiche dell’autoritarismo, della prevaricazione, della violenza e delle gerarchie arbitrarie.
Quello che “rilegava” il mondo del passato antico e recente, tutti i mondi, quelli visibili e quelli invisibili, i nonni latini lo chiamavano “religio”, da cui religione, qualcosa che “tiene insieme”. Quindi non religione nel senso di confessione religiosa, liturgie e pratiche religiose, per chi lo desidera anche, ma vorrei privilegiare il senso di unità tra essere e divenire come spiritualità, e in questa parola non ci metto solo l’amore per il metafisico, ma tutti quei sentimenti che nascono dalle relazioni non egoistiche e di reciproca benevolenza tra noi umani e con tutti gli altri esseri, sia come singoli che come aggregati, pure con la loro componente inorganica. Mi pare non ci siano altre strade per uscire dal cul de sac in cui ci siamo cacciati, a meno che non si pensi a un nuovo feudalesimo tecnologico protetto da eserciti post umani.
Vorrei prospettare qualcosa di concreto che ognuno di noi può realizzare in questo senso e in tempi tanto difficili… ma sarà nel prossimo articolo.

Graziano Rinaldi

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