La profezia di ISHA

Non fate leggere la Isha Upanishad agli intellettuali!
Se proprio non resistete, avvisateli che potrebbero sviluppare gravi reazioni allergiche.
Infatti nel bel mezzo di questa antichissima e breve upanishad, la conoscenza comunemente intesa come acculturazione, sia umanistica che tecnica, è inquadrata come regina tra le illusioni.
Nel mantra nove viene detto che se l’ignoranza grossolana può far sprofondare la persona in tenebre oscure, ancora più oscuri sono gli abissi in cui si ficcano gli “adoratori” della conoscenza.
Ma come?
I genitori, gli insegnanti e tutte quelle persone dabbene che ci hanno amorevolmente traghettato dalla giovinezza all’età adulta, non ci hanno sempre detto che la conoscenza, la cultura ci avrebbe reso liberi?
Sono sicuro che quelle persone erano tutte in buona fede, ma non avevano approfondito la questione come invece ci induce a fare la Isha Upanishad.
E’ straordinario che una scrittura di migliaia di anni fa, quando ancora Roma era soltanto il guado di un fiume selvaggio, circondato da pascoli e boschi, avesse in nuce una verità che nei nostri tempi si rivela così palesemente in tutta la sua virulenza.
Oggi la tecnica e l’occidente sono al loro apice e hanno conquistato il resto del mondo, eppure anche ai più sprovveduti tra gli umani è così lampante quanto il bilancio tra benessere e felicità da una parte e distruzione e infelicità dall’altra, sia per la quasi totalità dell’umanità spostato sulla seconda coppia di sostantivi.
Cos’è successo?
Per limiti concettuali e di spazio, non posso indagare tutto il percorso dalla tragedia greca al crollo delle torri gemelle, ma sarà almeno chiaro quanto una civiltà come la nostra che vanta un armamentario nucleare capace di distruggere la vita sul pianeta non una, ma decine di volte, abbia qualcosa di gravemente malato al suo interno: ciò che l’ha fatta grande, l’ha anche minata dall’interno, come un grosso, instancabile tarlo rosicchia e infine determina il crollo del trave di cui per anni si è nutrito.
Questo tarlo è proprio la conoscenza, a cui gli esseri umani hanno fin dall’antichità (altrimenti non sarebbe all’interno dell’upanishad più antica!) affidato lo sviluppo delle loro civiltà, non è casuale che proprio in occidente abbia avuto il più alto dei trionfi.
Le nostre conoscenze e la tecnica si sono sviluppate esponenzialmente, hanno tracimato in ogni ambito dell’esistenza, occupato qualsiasi particella di materia e di coscienza con cui sono entrate in contatto: ci hanno fatto pensare che fosse progresso ed invece era solo sviluppo quantitativo!
Quella stessa conoscenza che avrebbe dovuto liberarci, sta trasformando il pianeta azzurro in un pericoloso deserto di sofferenza per miliardi di esseri, umani e non.
Cos’è che è andato storto?
Ce lo spiega la Isha Upanishad.
Quella che comunemente chiamiamo conoscenza è solo un particolare tipo di conoscenza, può essere considerata come un potente combustibile che se usato virtuosamente (si dice sattvicamente nel linguaggio vedico) come il vettore che porta lo Shuttle oltre l’atmosfera, farà decollare con forza verso l’alto gli individui e le civiltà, se però non è accompagnata da una seconda categoria di conoscenza che in questo contesto chiameremo vidya, la stessa forza spingerà le persone e le società verso le “più oscure tenebre”.
Vidya è la conoscenza che trascende l’immanente, il termine conoscenza può trarre in inganno l’occidentale, poiché vidya non significa aver fatto il dottorato in qualche disciplina, vidya è l’aver introiettato, divenendo parte integrante di sé, una verità metafisica ed in particolare quel progressivo avvicinamento alla propria essenza più intima che puoi chiamare Sé, anima, spirito, sostanza, il vitale, ecc.
Ma perché mai la conoscenza intellettuale e vidya non dovrebbero potersi integrare e restituirci quel mondo di perfezione e di felicità tanto auspicato da tutte le religioni e da tante ideologie politiche?
Perché nel mezzo c’è ahamkara, diciamolo in occidentale: c’è l’ego!
Da cui nasce il frutto velenoso dell’egoismo, la malattia più perniciosa che da sempre affligge l’essere umano, l’idea che ognuno è separato dagli altri e dal cosmo … incredibile quante volte in tutte le grandi civiltà gli umani più illuminati abbiano messo in guardia da questa illusione, persino l’ultimo dei grandi miti, la punta di diamante della scienza contemporanea è tutta imperniata su questa idea del “tutto è uno”.
E’ davvero strabiliante constatare quanto l’ego, una funzione assolutamente necessaria per uscire dall’indifferenziato e giocare il nostro personalissimo gioco nell’universo, finisca per dominare il suo padrone
esattamente come sta succedendo con la tecnica sul piano sociale e politico.
Graziano Rinaldi

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